Essere o Esserci : un “CI” che fa la differenza.

Essere o Esserci è differente. Ad una prima lettura potremmo dire che sono due parole identiche che si differenziano solo per una particella, due lettere.

Queste due lettere hanno però il potere di radicare nel contesto in cui ci si trova, danno il senso della presenza, di una presenza consapevole ed attenta, e non fluttuante e vaga come nell’essere.

Martin Heidegger, filosofo tedesco del Novecento, utilizza, nella sua analisi del problema del senso dell’essere, la parola “esserci” per definire l’uomo:

Questo ente, che noi stessi via via siamo e che tra l’altro possiede la possibilità d’essere del domandatore, lo indichiamo con termine di esserci”. (Heidegger M., Essere e tempo, tr. it. di A. Marino, Mondadori, Milano 2011, p. 22)

Afferma, inoltre, che:

L’esserci, secondo un modo d’essere che gli appartiene, ha piuttosto la tendenza a comprendere il proprio essere a partire da quell’ente in rapporto al quale per essenza costantemente e in prima istanza si tiene, ossia a partire dal mondo.” (ivi, pp. 33 -34).

Quindi nella comprensione dell’uomo non può essere tralasciato il suo contesto:

L’espressione composta “essere-nel-mondo” mostra già, nella sua stessa coniazione, che con essa si intende un fenomeno unitario”. (ivi, p. 83)

E definisce il “ci” proprio per sottolineare il radicamento:

….il “ci” allude al “qui” e al “là” sottomano [….] La spazialità esistenziale dell’esserci, che in tal modo gli destina il suo “luogo”, si fonda anch’essa sull’essere nel mondo”. (ivi, p. 193)

Dall’analisi esistenzialista effettuata dal filosofo possiamo mutuare alcune delle caratteristiche dell’esserci, tra cui l’essere-nel-mondo inteso come esistenza, che possono aiutarci a comprendere meglio il concetto stesso di “esserci” e sottolineare l’importanza di essere radicati e consapevoli nel qui ed ora dell’incontro con l’Altro.

Le discussioni che sembrano non avere un senso, il non sentirsi visto, capito, riconosciuto, il senso angosciante di solitudine, gli agiti, etc… sono frutto di relazioni in cui non avviene un incontro, dove non c’è stata connessione e sintonizzazione con l’Altro.

È fondamentale per il proprio benessere conoscere e riconoscere i propri bisogni, emozioni, desideri, aspettative e pensieri. Ma l’espressione di tutto ciò che ci si agita dentro, in maniera più o meno compulsiva, ci renderà “enti nello stesso spazio”, citando il filosofo, e non ci porterà ad “essere-nel-mondo” e quindi di incontrare l’Altro.

Non c’è una ricetta che siamo obbligati a seguire, ognuno ha la libertà di scegliere come stare al mondo: possiamo “essere” e quindi esprimere quello che sentiamo all’esterno di noi indipendentemente dall’Altro con cui siamo in quel momento e dal contesto, negando l’unicità della relazione. Oppure possiamo muoverci nella relazione consapevoli di far parte di quella specifica relazione, che è unica ed inedita, di stare in quel momento con il nostro corpo, le nostre emozioni, i nostri pensieri riconoscendo la presenza dell’Altro ed entrando in connessione con lui, che porterà a sua volta il suo corpo, le sue emozioni ed i suoi pensieri, e quindi “esserci”.

Se siamo disposti ad incontrare l’Altro allora “ci stiamo” nell’incontro portando la nostra autenticità ed unicità. Sapremo cosa dire/non dire, fare/non fare perché saremo in connessione con noi stessi, nella nostra interezza, riconoscendo la persona che abbiamo di fronte, nella sua interezza. È questo l’incontro che ci arricchisce, ci fa sentire riconosciuti, ci fa provare emozioni, ci dà energia……ci fa sentire che siamo vivi!

Quindi a noi la scelta, non tra “essere o non essere?” o tra “essere o avere?”, ma tra “essere o esserci?”