Sulla gentilézza

La gentilezza mi evoca l’immagine di una piuma che lieve e decisa accarezza la pelle e la sensazione piacevole di questo tocco morbido e liscio che ne consegue.

La gentilezza tocca…tocca l’anima, il cuore, la pancia…se ci lasciamo toccare da essa.

La natura etimologica della parola gentilezza è complessa. Tra le varie accezioni, può essere fatta risalire al latino “gens”. La gens era la formazione familiare dell’antica Roma, all’interno della quale si mantenevano rapporti di cura, assistenza e difesa. Friedrich Engels riporta tra le caratteristiche di una gens il “Dovere reciproco dei membri della gens di difendersi e soccorrersi.” (L’origine della famiglia, della proprietà privata e dello Stato – Friedrich Engels , 1884).

La gentilezza favorisce l’incontro con l’Altro racchiudendo in se l’accoglienza, l’assenza di giudizio ed il rispetto.

Essere gentile non vuole dire essere educato. L’educazione va con delle regole strutturate in base al contesto, e le regole strettamente applicate non forniscono contatto e calore, sono fredde. Essere gentile non vuole dire essere “indulgenti” nei confronti di chi si impone con aggressività. La gentilezza ha ben presente i suoi confini e non ha bisogno di imporsi per farli rispettare, essi sono flessibili per accogliere ma allo stesso tempo contengono. La gentilezza non depotenzia un’azione ma la sostiene e la fortifica bonificandola dall’ aggressività.

Essere gentili con gli altri ci apre alla relazione e ci consente di stare con l’Altro in un modo più fluido…se è ciò che si vuole.

Infatti non è detto che se incontriamo qualcuno che si pone in modo gentile con noi, spontaneamente saremo portati a ricambiare con altrettanta gentilezza. Potrebbero paradossalmente attivarsi in noi atteggiamenti opposti, aggressivi, sgradevoli o di svalutazione. Ciò potrebbe accadere perché potremmo essere noi a non riuscire a sostenere questi atti gentili. Se siamo abituati a non avere toni gentili con noi stessi, se crediamo che per “funzionare bene” abbiamo bisogno di maltrattarci, giudicarci, svalutarci. Se non abbiamo dentro di noi il ricordo di occhi che ci guardano con gentilezza. Se sentiamo di non meritare di essere trattati in maniera gentile. Se quindi non abbiamo interiorizzato la gentilezza potremmo non essere in grado di riconoscerla, sostenerla e soprattutto ricambiarla.

La gentilezza parte prima da noi per noi stessi. Ci consente di fare ciò che gli appartenenti ad una “gens” facevano per i propri familiari per noi stessi: prenderci cura, assisterci e difenderci.

È la gentilezza verso di noi che può consentirci di guardare alle nostre fragilità con calore ed accoglierle come parti di noi e farci sentire interi.

Ed è la gentilezza verso gli altri che può aprirci alla relazione e predisporre sia noi che l’Altro all’incontro favorendo un clima emotivo piacevole.

Quando avremo imparato a farlo con noi stessi, sapremo anche riconoscere ed accogliere quando un gesto gentile ci arriva dall’Altro.

In questo momento storico in cui la pandemia da COVID – 19 ci ha portato all’aumento della distanza dall’Altro, sia dal punto di vista fisico che di occasioni di incontro ed esperienze da condividere, gli atti di gentilezza, al pari di una carezza, possono dare calore e farci sentire toccati anche se il corpo non viene raggiunto.

Le mascherine che indossiamo quotidianamente coprono una parte del viso e possono rendere meno fluida la sintonizzazione con l’Altro. Incontrare uno sguardo gentile, al pari di un abbraccio o di tante parole, può farci sentire il piacere dell’incontro, che siano occhi a noi noti o di uno sconosciuto. Può farci sentire che l’Altro non è solo colui da cui devo proteggermi o devo proteggere dal contagio. Con l’Altro possiamo sostenere situazioni emotivamente complesse come l’attuale, e godere dei bei momenti.

La gentilezza ci suggerisce che facciamo tutti parte della stessa “gens”.

Infine la gentilezza non si limita alla relazione con noi stessi e con l’Altro, ma può investire tutto ciò che ci circonda ed ogni atto di gentilezza che compiamo verso l’esterno riverbera in noi con note piacevoli.

Quindi la prossima volta che arriverà una carezza lieve come una piuma dall’Altro saprò lasciarmi toccare?