Sono ormai circa due mesi che in Italia e nel resto del mondo il rapporto tra uomo ed ambiente esterno è cambiato. Il cambiamento è avvenuto perché è sopraggiunto un elemento terzo: il virus COVID-19.
L’ambiente esterno è parte del “sistema” di cui facciamo parte. Un sistema è un complesso di elementi che stanno in interazione (Von Bertalanffy L., 1968) e in relazione, di conseguenza l’introduzione di un elemento nuovo comporta inevitabilmente un cambiamento delle dinamiche interne al sistema. Se l’elemento introdotto poi mette a rischio la nostra salute fisica i vissuti possono essere davvero molto intensi.
Le nostre vite sono indubbiamente cambiate proprio perché tutto il sistema è cambiato.
Il punto non è tanto trovare gli aspetti positivi in questa situazione, come riscoprire il piacere di fare qualcosa che è stato sempre lì a portata di mano ma a cui non abbiamo mai dedicato tempo. Tantoméno rammaricarsi per qualcosa che qualche mese fa avremmo potuto fare liberamente ed ora non è possibile, o chiedersi come sarà in seguito.
Il punto è: “Come ci sto con il cambiamento?”
Il cambiamento è qualcosa che sfugge al controllo…accade.
Nel momento in cui avviene ci può destabilizzare e disorientare, confondere e sorprendere. Il cambiamento porta con se un’attivazione emotiva “differente” da quella solita che conosciamo, ed è questo il momento in cui noi possiamo scegliere.
Di fronte ad un cambiamento cosa scelgo? Lo accolgo e lo vivo per come si presenta con le emozioni differenti che comporta oppure mi attivo proprio per non sentirle e mantenere quello status quo ante? Vado in fuga nel passato o nel futuro? Mi riempio di attività in modo da non fermarmi mai o, al contrario, resto ferma immobile aspettando semplicemente che tutto passi spontaneamente? Inveisco verso il capro espiatorio di turno in una lamentela rabbiosa continua o mi concentro solo sulle novità portate dal cambiamento stesso rimuovendo tutto ciò che c’era precedentemente?
Il cambiamento porta con se una “perdita” per la situazione precedente ed una scoperta per la situazione attuale.
Questo è ciò che accade, in linea generale, quando avviene un cambiamento, variando di intensità a seconda del suo impatto sulla nostra vita e sul nostro vissuto.
Se stiamo con ciò che è avvenuto e sta avvenendo in questo momento storico ci possiamo subito rendere conto che la portata emotiva di questo cambiamento è enorme…ma è quello che c’è.
Ci siamo ritrovati in una situazione in cui potrebbe essere a rischio la nostra vita e quella dei nostri cari. Che la causa di questo pericolo potremmo essere noi per i nostri cari e loro per noi. Che in generale l’Altro è da tenere a distanza fisica per proteggere noi stessi e lui. Che potremmo esserci ritrovati in una casa che è lontana dall’essere un rifugio caldo e accogliente ed a condividere spazi e quotidianità con Altri con cui non abbiamo una relazione nutriente. Che a tutto questo potrebbe essersi unita la preoccupazione lavorativa ed economica tra la reale perdita e l’incertezza per il futuro. O che siamo quelli che hanno continuato a lavorare come sempre ed anche di più, perché è dal nostro lavoro che dipende la sopravvivenza degli altri, mettendoci in situazioni inevitabilmente a rischio. Ed in questa situazione in cui sarebbe auspicabile avere dei momenti di sollievo, non possiamo trovare ristoro in tutte quelle attività piacevoli che potrebbero coinvolgere amici, essere all’aperto, comprendere le varie forme di espressione artistica, insomma tutto ciò che ci nutre, ci dà energie e ci piace ma che comporti lasciare la nostra abitazione.
Tutte le emozioni che ne conseguono potrebbero essere difficili da sostenere ed è per questo che scivoliamo in modalità che ci consentono di sentire ciò che conosciamo, anche se doloroso e non funzionale al nostro benessere, che ci porta ovunque tranne che nel momento in cui siamo.
Non è scontato essere in grado di accogliere ciò che sentiamo in modo autentico. Al di là delle inclinazioni personali e del contesto familiare in cui si è cresciuti, è proprio il contesto culturale che non incentiva (o almeno era così fino ad un po’ di tempo fa, mi sembra di notare una lieve e timida inversione di tendenza) l’ascolto delle nostre emozioni. Contattare ciò che sentiamo senza gli strumenti adeguati ed un sostegno potrebbe essere addirittura più distruttivo che non sentirlo affatto. È fondamentale rispettarci in ciò che siamo in grado di sostenere da soli ed affidarci ad uno psicoterapeuta se siamo autenticamente interessati a conoscerci nel profondo, garantendoci una situazione in cui siamo protetti.
Un primo passo però è esserne consapevoli razionalmente, riconoscere degna di rispetto qualsiasi emozione che proviamo, dargli un nome, accoglierla, recuperare quelle parti di noi a cui magari non diamo mai spazio o addirittura rinneghiamo ed integrarle con il resto di noi. Questo ci consentirà di sentirci interi, compatti dentro di noi, di sentire che siamo tristi per i decessi vicini o lontani da noi, preoccupati e spaventati per la nostra salute fisica ed economica, arrabbiati per la privazione della nostra libertà di movimento, ma anche felici per gli spazi, le attività e le modalità di interazione con l’Altro nuove o ritrovate, incuriositi per la diversa gestione del tempo e qualsiasi altra emozione ognuno di noi possa mai scoprire di provare.
Ci stiamo lentamente avviando verso una nuova riorganizzazione del “sistema” data dal contenimento dell’ elemento terzo che porterà con se nuove regole e nuove dinamiche relazionali…Come sceglieremo di starci?